Una cerimonia di commemorazione: più libertà, più flessibilità di un funerale

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Dopo questi lunghi mesi, in cui è stato arduo tenere un funerale laico, oppure lo si è dovuto tenere solo con un gruppo strettissimo di famigliari, farsi aiutare da un celebrante professionista per creare una Cerimonia di Commemorazione può essere un modo molto toccante per ricordare e onorare la memoria della persona amata e perduta e celebrare davvero la sua vita.

Una Commemorazione si può organizzare in piena libertà e lascia più flessibilità di un funerale tradizionale. Può essere tenuta in qualsiasi luogo, anche all’esterno.

 

Una Commemorazione può essere organizzata a seguito di un funerale laico o dopo un funerale religiosa ma anche quando in un primo tempo la famiglia ha ritenuto di non tenere un funerale affatto. 

 

Dopo una cremazione, per esempio, una Commemorazione può essere un’occasione per salutare i resti nell’urna prima o durante lo spargimento delle ceneri.

 

Un motivo di questa flessibilità e libertà maggiore è che una Commemorazione si svolge senza il defunto, a cremazione o sepoltura avvenute. La presenza della bara, infatti, proprio per il rispetto e l’amore che chi è presente sente verso quella persona, può incutere timore a parlare e a esprimere emozioni in pubblico.

 

Un altro motivo è che la Commemorazione si tiene dopo un lasso di tempo. Il tempo lenisce il dolore acuto e dei primissimi giorni e lascia spazio alla memoria e ai ricordi. Il lasso di tempo può essere convenzionale (per esempio a tre mesi della morte, come se fosse una “trigesima laica”, a sei mesi, o ad un anno), o libero a secondo delle esigenze della famiglia (per esempio, quando può essere presente un famigliare che vive all’estero). 

 

Questo tempo supplementare rispetto al funerale — che in Italia, a differenza dei paesi nordici e anglosassoni, spesso avviene a pochi giorni dalla morte — permette alla famiglia e agli amici di organizzarsi al meglio, coinvolgere altri, invitare amici e famigliari anche da lontano, e pensare a tanti dettagli che possono contribuire a creare un’atmosfera coinvolgente.

 

Ecco alcune idee di cose che si possono fare:

 

·      Organizzare una donazione per una causa cara al defunto

·      Piantare un albero in nome del defunto (anche durante la cerimonia)

·      Creare una Memory Board con contributi di amici e parenti, foto ecc.

·      Creare una mostra con memorabilia personali 

·      Preparare pacchetti di semi del fiore preferito del defunto per gli ospiti da piantare in seguito

·      Creare un video/slide show di foto ricordo

·      Prenotare un servizio di web casting e distribuire il video dopo la cerimonia

·      Preparare un brindisi per fare un saluto tutti insieme alla fine della cerimonia

IL FUNERALE LAICO E LA CELEBRAZIONE FUNEBRE

Celebrare laicamente un rito funebre significa, per noi di Passaggi, accompagnare chi ha perso una persona cara nel ricordarla con tutto l'affetto possibile, commemorandola insieme con quanti la ricordano e le hanno voluto bene.

Il valore che noi diamo alla morte di una persona è pari al valore che diamo alla sua vita e questa, per ogni essere umano è inviolabile, assoluta.

Spesso si pensa che, dato anche il momento difficile che stiamo attraversando dovuto al Covid-19 e ai tempi ristretti, un rito funebre si debba fare, necessariamente, soltanto in maniera anonima, standardizzata.

In realtà, è assolutamente possibile e auspicabile che il ricordo di una persona cara scomparsa si celebri in maniera più significativa, con una celebrazione personalizzata che ne renda vicino il ricordo e accompagni nel momento del distacco quanti l'hanno amata.

Pertanto noi di Passaggi ci siamo formati professionalmente e uniti in associazione, così da poter offrire a chiunque ne faccia richiesta - a qualunque convinzione o fede appartenga - un’assistenza professionale, condotta con la massima discrezione e partecipazione al suo lutto.

Ci occuperemo di preparare un rito che nelle sue diverse fasi - dall'accoglienza, al discorso o elogio del defunto, al commiato - renda più intima e sentita la celebrazione, seguendo e rispettando il sentire dei famigliari e delle persone più vicine.

La cerimonia viene strutturata utilizzando i riferimenti musicali, letterari, estetici, suggeriti dai ricordi della famiglia e degli amici che, in sintonia col loro stato d'animo, potranno essere coinvolti nel suo svolgimento: con testimonianze dirette, con espressioni musicali e poetiche, o altre modalità suggerite dalla circostanza.

Una location per un funerale laico? Perché no

funerale laico all'aperto sopra un lago

Clarissa che conduce un funerale

In un luogo di culto lo spazio sacro è universalmente riconosciuto; ma come possiamo noi creare uno spazio equivalente per un funerale laico?

L’agenzia funebre Funet da tempo ha avuto l’intuizione che il luogo dove si celebra un funerale laico è fondamentale. E, di conseguenza, si è dotata a questo scopo di tre location suggestive. 

Recentemente, sono stata chiamata a collaborare con Funet e, insieme, siamo riusciti a creare un ambiente ricco di significato, un focus che esprimesse a pieno il senso del rituale che si stava celebrando.  

Si è trattato di un giardino con una vista mozzafiato, in una mattinata primaverile di aprile, sul Lago di Albano, presso Relais il Lago.

L’allestimento è stato estremamente curato: sedie di vimini in semicerchio, distanziamenti come da regolamento, in modo tale che stando all'aperto la famiglia ha potuto ospitare tutte le persone che desiderava. 

Il feretro è stato posizionato al centro e durante la cerimonia, con cui si metteva in primo piano la vita della persona, lo sguardo dei famigliari e di tutti gli invitati abbracciava il defunto, il lago, e - dall’altra parte - Castel Gandolfo, che si stagliava contro l’orizzonte riflettendosi nello specchio d’acqua. I “testimoni” della vita della persona che si stava celebrando, cittadina di quel luogo, erano così “davanti a casa”.

Il bisogno di rituale è un bisogno innato. Ne abbiamo bisogno per disporre di un linguaggio che ci connetta con i nostri pensieri e sentimenti più profondi, con le nostre speranze e le nostre paure.  Ne abbiamo bisogno per fissare dei punti fermi e segnare, sulla mappa della nostra vita, da dove veniamo e dove stiamo andando. Ne abbiamo bisogno per immergerci in qualcosa di “speciale” che sia diverso dal quotidiano o dall’ordinario.

In un mondo sempre più veloce e disorientato, il rituale ne è come la punteggiatura. Ci permette una pausa. Ci dice: “Alt! Fermati per un momento. Respira. Questo è un momento veramente importante.”

Creare una cerimonia funebre laica significa proprio questo: dare, a chi ha perso una persona amata, il tempo, un momento, una pausa, per riflettere e condividere con la propria comunità, con famiglia e amici convocati a “testimoniare”. 

Al centro c’è la persona scomparsa, la sua vita, la sua umanità, la sua unicità, le sue peculiarità; attorno ci sono i testimoni di una vita.

Proprio perché la cerimonia mette al centro il defunto, e proprio perché chiama la comunità a testimoniare, diventa allora significante il luogo dove avviene questo “momento speciale”.

Ecco le parole della figlia:

L’ultimo abbraccio

Mio padre e’ morto di covid-19. Una morte completamente inaspettata, dopo una progressione della malattia tanto rapida da non lasciare tempo e spazio al cuore e alla mente di comprendere cio’ che stava accadendo. Non ho potuto vederlo durante la malattia, alla fine della sua vita e neanche da morto. Un lutto dai connotati disumani, una elaborazione della perdita tutta da inventare. La cerimonia officiata da Clarissa e’ stata in grado di alleviare il dolore scioccante e il senso di smarrimento che tutti sentivamo attraverso una rievocazione semplicemente calzante della vita del mio papa’, che tutti gli amici e familiari hanno riconosciuto come ‘lui’. Grazie Clarissa, ho pianto tanto e tanto ancora piangero’, ma grazie al rito che hai officiato ho sentito di potere salutare il mio papa’ verso il suo ultimo viaggio, come se lui fosse li’, in quel momento, con noi.

Si ringraziano E. Dissanayake (1992) per l’idea del rituale come per la creazione di momenti “speciali”, e il celebrante umanista T. de Haan (2015) per l’idea del rituale come punteggiatura della vita.

 

La vita al centro del funerale: il tributo ("life story")

Ogni volta che mi chiamano per un funerale e vado a visitare la famiglia che mi ha contattato, entro in punta di piedi dentro un mondo pieno di storie ed emozioni, forse il momento più vero e più intenso della vita di un uomo e dei suoi cari, e in un’ora o due vengo pervasa dal valore di una vita, di quella vita, e dal vuoto e dal pieno che lascia dietro di sé. E ogni cerimonia si può riempire di significato con musiche, letture, pensieri e momenti di silenzio, ma ciò che più vale a mio avviso, è il tributo all’uomo o alla donna che ci ha lasciato. Il tributo si inserisce all’interno della cerimonia di commiato rappresentandone il momento centrale e più personale e intenso, in cui viene raccontata la vita della persona amata, cercando di rappresentarne l’essenza più profonda, i legami e i valori più forti, e condividendo con tutti coloro che la conoscevano il ricordo, la sofferenza delle perdita e insieme la gratitudine per averla avuta nella propria vita.
Non saprei spiegare meglio il mio ruolo come celebrante all’interno dei funerali, se non riportando un esempio di tributo.

Questo momento lo dedichiamo a ricordare chi era Mario, chi è stato per ciascuno di noi, e soprattutto chi è stato per le qui presenti Laura, la moglie, e Francesca e Elena, le figlie.

Mario, nato nel ‘53 a Passo Corese da una famiglia semplice, sembra aver pervaso ogni ambito della sua vita di libertà e creatività.

Amava il cavallo, passione che ha trasmesso ad entrambe le figlie, adorava il mare e la barca in un modo così assoluto da riuscire a superare il mal di mare. “Mal di mare”, si chiamava così la prima barca avuta con la famiglia. Ogni anno una crociera diversa., la costiera toscana, e la Croazia, e la Turchia.

Mario era un buon gustaio e un buon cuoco, ma solo di cucina biologica. Si dilettava nel giardinaggio e nella coltivazione di un orto talmente produttivo che Laura, la moglia, dice “troppa verdura, non finiva mai”.

E tutti queste passioni si sono unite nella casa dei suoi sogni, sull’Argentario, comprata e sistemata da tutta la famiglia. Con tre architetti in casa – lui, Laura e Francesca – l’impresa non poteva che riuscire bene. Elena invece - che attualmente sta studiando Urbanistica a Londra, da cui in questo periodo è riuscita a tornare quasi ogni week-end - ci racconta che lei, da lontano fungeva da ago della bilancia e fu proprio lei a scegliere di fare la piscina.

E in questi ultimi mesi di malattia, anche solo per due volte, qui, sull’Argentario Mario si è potuto rigenerare: “il sole sul viso, la vista del giardino e sul fondo… sul fondo, il mare!”.

E proprio nel suo amato giardino saranno disperse le ceneri di Mario.

Anche alla sua professione di certo Mario non ha tolto niente di tutta questa passione, a partire dalla scelta della Facoltà di Architettura contro il desiderio dei genitori.

Architettura per lui era sinonimo di libertà e creatività ci racconta Elena; e non a caso tutta la sua famiglia era totalmente coinvolta in un progetto quasi unico.

Lavoro e famiglia, una simbiosi.

Mario e Laura si conoscono nell’81 alla Facoltà di Architettura: Laura timida, con due lunghe trecce, Mario il classico secchione non proprio esperto con le donne; non fu amore a prima vista ma la collaborazione ad un progetto comune fece capire a Laura che, nonostante i due caratteri tosti, avrebbero potuto fare qualcosa insieme. E non aprirono più solo finestre per fare entrare luce e aria, ma spalancarono la possibilità che li ha portati al matrimonio nel 1982.

Insieme anche alla figlia Francesca e a due colleghi hanno uno studio che va alla grande: collaborazioni con il comune di Roma, importanti progetti e ultimamente la stazione di Casablanca. nell’ambito lavorativo Mario è sempre stato il fulcro, il perno. Era diretto, onesto, determinato nel trovare soluzioni e nel formare i suoi collaboratori. Era il motore che faceva funzionare una grande macchina. E infine ci piace sottolineare la sua spiccata dote di precursore in ogni campo: vedeva prima e applicava strategie innovative, dal biologico allo yoga, alla bioedilizia, alla passione per i pezzi di modernariato per il design che proponeva ai suoi clienti.

La prognosi di tumore cerebrale non operabile è arrivata 8 mesi fa, ma la sua morte a cui erano presenti sia la moglie che le figlie, è stata veloce, improvvisa, a causa di un’emorragia, la notte sera del 28 maggio.

Mario aveva parlato della sua fine, del desiderio di un funerale semplice e laico, così come lo stiamo celebrando oggi. E Laura ci tiene vivamente a ringraziare tutti gli amici che in questi ultimi tempi lo hanno rallegrato con i ricordi delle uscite in barca e che numerosi hanno condiviso cene e momenti di giovialità. “Senza gli amici non ce l’avremmo fatta, la porta di casa aperta per noi è un valore assoluto”.

E adesso che Mario “deve tornare sul mare solitario sotto il cielo” come cita la poesia scelta da Elena, pensiamo a lui che finalmente si godrà il viaggio senza più soffrire di mal di mare.